martedì 19 febbraio 2008

Lotta ai writers che non producono alcun tipo d'arte

Dal fronte dei graffiti, della campagna ingaggiata contro gli imbrattatori per diletto e vocazione, arrivano le cifre di una Caporetto urbana, che abbiamo sotto gli occhi e che tuttavia molti fingono di non vedere. Sono oltre quarantamila gli edifici deturpati da scritte e segni che soltanto con tanta, tanta buona volontà qualcuno può considerare espressione di una minore arte metropolitana. Una generazione che ignora i piaceri epistolari, sublimandoli nel tratto delle bombolette e degli sms, esprime pattuglie di scrittori inutili e dannosi il cui stile costa molto, anche se non ha mercato. Già, ripulire i muri deturpati costa ai privati e alla comunità municipale e accade anche che le superficie più o meno restaurate vengano di nuovo imbrattate, perché certi artisti non rinunciano al piacere di esprimersi, come ladri nella notte. Costa, quest’ansia scrittoria, anche alla memoria della città. Le colonne di San Lorenzo hanno resistito per secoli alle ingiurie del tempo, ma il marmo cede, per la porosità, all’insulto degli inchiostri spray che penetrano in profondità. Dobbiamo arrenderci, piantare in centro e in periferia bandiere bianche sulle quali possano scatenarsi i graffitari? La «task force» del Comune, dicono, fa la sua parte e pare che qualche scrittore-vandalo venga bloccato e denunciato. Ma la denuncia evoca soltanto multe. Intanto la città si imbruttisce. Dobbiamo rassegnarci a questa situazione? Con gli scrittori della notte si sono tentate anche le buone maniere, le lusinghe del dialogo e della comprensione, delle concessioni e forse queste «aperture» hanno convinto i signorini delle bombolette della loro sostanziale invincibilità.
Forse un po’ di fumosa sociologia in meno e di rigore in più eviterebbe la nostra resa. Pensiamoci.

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